sabato 24 novembre 2012

IN VIAGGIO



Le ultime polemiche sugli aumenti tributari a copertura dei “fossati” di bilancio ripropongono un tema che nella fase precedente alle elezioni amministrative ha catalizzato l’attenzione dell’intera cittadinanza.
A primo impatto l’aumento, contemporanea, della Tarsu e della base imponibile (a seguito delle verifiche AeG) sembrerebbe una contraddizione in termini. Ma esiste una variante importante (il costo del servizio potrebbe essere aumentato … … quello presentato da GESA per intenderci).
Sulla questione Tarsu mi è capitato di parlare (ma solo sulla situazione pregressa, quella pre elettorale) con la ex Dirigente (credo Di Maida) a Malpensa nell’attesa dell’imbarco su un volo per Palermo.
Credeva fossi uno dei tanti cittadini che, all’epoca, si presentavano - legittimamente - presso il suo ufficio per “spidugliari a pratica” e capire se e quanto pagare. In realtà - le dissi – “l’ho vista ad un paio di consigli comunali straordinari, in quei giorni infocuati e di protesta”.
Mi raccontava di una situazione evasoria eccessiva e, ovviamente, difendeva quanto fatto in quel periodo.
Le dissi che in discussione non era il principio (ricordate il “Pagare tutti per pagare meno”..… ecco se il costo del servizio cresce si pagherà sì tutti, sul meno ci sarà da discutere), ma la forma (privata e remunerata dai cittadini) ed il conseguente rischio.
Le dissi: “Se AeG sparisce che succede?”
La risposta, un po’ semplicistica, fu: “Anche se mette i soldi in banca, e questa fallisce, rischia di non trovarli più.”
Feci appena in tempo a dirle: “Ma, in quel caso, c’è la Banca d’Italia che vigila e ci sono i fondi di garanzia per i creditori….” si aprirono le porte e quella chiacchierata finì sulla pista di un aeroporto.



Sempre in aeroporto, all’andata, una chiacchierata ben più lunga con degli uomini di Corleone.
Quelli coraggiosi, per davvero.
In fila per l’imbarco mi trovo accanto ad una persona sulla cinquantina e ad un ragazzo. Pensavo fossero padre e figlio, scoprirò poi che sono soci.
Soci in una cooperativa di produzione e lavoro, in un territorio non fra i più semplici, appunto: Corleone.
Stanno andando al “Salone del Gusto” a Torino. Hanno uno stand in cui promuovono i loro prodotti.
Ci sediamo accanto sull’aereo e mi passano un bigliettino: “Cooperativa Rinascita Corleone”. Chiedo: “Come mai Rinascita?” e mi guardano come a dire “chi voli chissu? chi cerca?”.
In realtà quella domanda mi serviva “pi tastarici u punsu”, per capire con chi stavo parlando.
Il viaggio fu condito dalle domande sui loro prodotti, sulla organizzazione della cooperativa, sui raccordi, confermati, con le altre cooperative presenti in quel territorio (e operanti su beni confiscati alla mafia) ed infine sulla politica (le regionali erano prossime).
L’arrivo fu puntuale come la promessa di gustare i loro prodotti insieme ad un grande, sincero, in bocca al lupo.
Un incontro, devo dire, su cui ho riflettuto a lungo.
Se è possibile rinascere a Corleone lo si potrà anche a Raffadali?
È vero che il settore primario è in difficoltà, ma sarebbe possibile farlo ripartire?
Guardando l’estensione del territorio cittadino e la relativa urbanizzazione la risposta sembrerebbe scontata.
Ma i perimetri comunali sono ampiamente varcati dai possedimenti dei raffadalesi. Gruttamurata, Juculia, Cinti, Borsellino, Cattà..…contrade che abbracciano pezzi dei comuni vicini: Cattolica Eraclea, Sant’Angelo, Santa Elisabetta, Agrigento.
Circa 15 anni fa, negli anni da studente, presi un passaggio da Raffadali. Il conducente, dotto ed interessato, chiedendomi quali intenzioni avessi nella mia carriera scolastica mi aveva detto “la terra, si tornerà lì”.
Lo avevo guardato come i “compagni di Corleone” avevano fatto con me.
Ma alcune riflessioni di contorno sulle architetture organizzative del lavoro presenti a Raffadali e sulla diversa declinazione di cooperativa le feci con i due di Rinascita.
Da noi esistono cooperative di servizi (non di produzione e lavoro) e generalmente vivono su sostentamenti pubblici e alcune anche su artifizi e raggiri.
Com’è possibile che, pur avendo avuto dei leader nella lotta contadina, non abbia preso piede, a Raffadali, la cooperazione come forma organizzata nel lavoro della terra?
Eppure Scaturro a Ribera ci era riuscito e qualcosa resiste ancora oggi sotto il verde di quegli agrumi.
È poi vero che in territori diversi (a Vittoria ad esempio) nello stesso comparto si rifugge dalle Cooperative a favore di una miriade di aziende individuali, con una massiccia presenza di manodopera straniera (maghrebina e rumena soprattutto).
Ma Raffadali ha una storia differente..che oggi potrebbe essere ripresa a completare un’idea che è rimasta incompiuta.
Quale ruolo assegnare all’Amministrazione Comunale?
Strumenti economici non ne ha. Il tempo delle “vacche grasse” per utilizzare un ritornello in uso al momento è finito.
Potrebbe, io dico facilmente, ritagliarsi il ruolo di facilitatore nella proposizione a privati di progetti di prospettiva e di lavoro.

Pensare di portare o attrarre l’industria pesante a Raffadali è da pazzi o visionari.
Ma amministrare, oggi, non è semplice. Si hanno sempre delle impellenze quotidiane che assorbono anche le risorse che potrebbero essere utilizzate per piani di medio-lungo periodo.
La situazione che si è delineata dopo le regionali non facilita – oggettivamente - la vita al Sindaco e all’Amministrazione.
Le opposizioni potrebbero non essere solo esterne. Alcune si stanno palesando già oggi.
Per ricostruire, o costruire, un senso di comunità non si potrà continuare ad essere, come in passato, degli “inauguratori” con pronte forbici in mano.
Si dovrà ricoprire, necessariamente, un ruolo marcatamente attivo all’interno di un disegno di ampio respiro, ma concreto, che passa dal coinvolgimento di tutti gli stakeholders.
Le maestranze edilizie, ad esempio, potrebbero essere indirizzate e specializzate verso le nuove tecniche di efficienza energetica degli edifici e di recupero del patrimonio edilizio.
Gli agricoltori potrebbero essere organizzati in cooperative per la produzione di eccellenza (non solo mandorla e pistacchio) o in filiere agro energetiche.
Il comparto artigianale potrebbe organizzarsi in distretti produttivi “chiavi in mano” dopo aver preso coscienza che la frontiera di vendita non può fermarsi alla “Curva Togliatti”.
Le eccellenze culturali del paese potrebbero essere utilizzate per sviluppare un piano di manifestazioni (necessariamente cofinanziato da privati) su scala annuale o pluriennale che diventino di riferimento per quel pezzo di provincia che ci è più prossimo.
Tutto ciò può realizzarsi a Raffadali e anche sui comuni vicini.
Si potrebbe utilizzare l’Unione dei Comuni per fare un ragionamento più ampio o magari per ricercare numeri capaci di fare massa critica o ancora si potrebbero utilizzare le partnership instaurate durante la redazione del Piano Strategico (strumento programmatico rimasto un mistero).
Ma quali leve economiche utilizzare?
Il patto di stabilità non permette (neanche laddove ne ricorrano le condizioni cioè con soldi in cassa) di spendere per investimenti. Esistono altre vie?
I ministeri sono pieni zeppi di bandi per pubbliche amministrazioni….basterebbe dedicare alcune risorse umane, interne od esterne, per scovarli e poi ci sono le risorse comunitarie.
Perché non prepararsi nella, auspicabile, prospettiva di un prossimo governo romano di centrosinistra?
Per gli interventi di efficienza energetica esistono già strumenti finanziari ad hoc che garantiscono ritorni economici consistenti a partenariati pubblici e privati.
Cambiare il modo di amministrare significa fare anche un passo indietro rispetto alla gestione imposta dagli equilibri elettorali. Sarà possibile smarcarsi dai deputati e dagli onorevoli per programmare seriamente su Raffadali?
Ho sempre sostenuto che negli ultimi dieci anni si sia fatto un grande errore nel non valorizzare - appieno e nel merito - le risorse afferenti al centro destra.
Le condizioni erano favorevoli perché in realtà vi erano pochi equilibri da rispettare.
“La testa era una ed una era la mano”.
Queste scellerate scelte hanno portato, insieme ad altre importanti congiunture, il centrosinistra, di nuovo, al governo di Raffadali.


Sono trascorsi solo pochi mesi dall’insediamento (meno di sei) e non si può chiedere tutto e subito, lo si comprende da soli. Tra l’altro non ho mai capito quale è la logica che porta alle dizioni elettoralistiche del “faremo nei primi 100 giorni” come dire “una bella accelerata”…. e poi?
Piuttosto appare logico che il quadro economico reale dei valori di bilancio venga presentato proprio mentre questo è in esame.
Se nel prossimo consiglio comunale straordinario usciranno, dalla parte proponente, soluzioni alternative ai salassi decisi negli ultimi giorni sarebbe irresponsabile da parte dei governanti non valutarli compiutamente e applicarli se percorribili.
Il verificarsi di una tale, remota, evenienza dovrebbe necessariamente portare ad una meditazione non più sulla composizione numerica dei consiglieri di maggioranza ma sulla consistenza politica ed intellettuale di questi.
In attesa di ciò alcune valutazioni importanti andrebbero fatte anche sul ruolo che i consiglieri tutti intendono avere in questo lustro.
La quasi totalità delle dichiarazioni a mezzo stampa, dall’insediamento ad oggi, è in capo ai componenti della Giunta (e per la verità non a tutti). Il Sindaco è stato lo scudo dei propri collaboratori, colui che si è esposto maggiormente con risposte dirette e comunicati stampa.
Una tale prassi può risultare comprensibile nella fase iniziale di governo e soprattutto nella fase di “iniziazione” di alcuni componenti consiliari di maggioranza.
Bisognerà valutare attentamente sul perdurare di questo stato, che invece, potrebbe comprimere le personalità di alcuni e fungere da pretesto, per eclissarsi e rifuggire dalle responsabilità, per altri. Nell’uno o nell’altro caso le conseguenze potrebbero non essere migliorative per il lavoro dell’Amministrazione e per il bene dei cittadini.


Rimangono aperte alcune questioni prettamente politiche che le forze di maggioranza affronteranno da qui a breve e che potrebbero, se correttamente convogliate, rappresentare uno stimolo positivo per l’Amministrazione.
È stato annunciato più volte e dovrebbe essere in arrivo il congresso del PD. Bisognerà sostituire e scegliere i quadri dirigenti ed il nuovo segretario, che rimpiazzerà l’attuale Sindaco.
Credo che possa essere di ausilio e giovamento, per il lavoro dell’Amministrazione, la nomina di dirigenti non necessariamente connessi con le presenze consiliari. Tale opzione allargherebbe la base di valutazione offrendo prospettive differenti da quelle prettamente amministrative.
Potrebbe essere un modo per far emergere personalità nuove da responsabilizzare e coinvolgere col fine di ricreare un partito forte, capace di sostenere e proporre la linea di governo.
La scelta del Segretario sarà conseguente a quella del gruppo dirigente. È auspicabile una valutazione attenta degli errori effettuati da altri, in altri tempi e in altri schieramenti.
Mi spiego meglio.
L’UDC (ed i suoi predecessori e succedanei) è stato per anni il primo partito del paese. Un partito - non liquido ma aeriforme - in cui le cariche governative indicavano il rango politico di ognuno (chi non c’era o non contava o era in attesa del proprio turno). La mancanza di una struttura forte dietro l’Amministrazione ha portato, ripeto insieme ad altre importanti congiunture, al crollo recente.
Ripercorrere quella strada sarebbe delittuoso.
Esiste una variabile che potrebbe aiutare, non poco, ad indirizzare le decisioni del PD. La presenza dell’MPA o di quello che era MPA.
Anche lì si bisognerà programmare. Se questo sarà fatto dopo il congresso del PD la strada da questi intrapresa potrebbe essere il solco in cui costringere, in maniera positiva s’intende, anche le altre compagini a muoversi.

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