lunedì 18 febbraio 2008

Il regno della dimenticanza

di Andrea Trapani

Viviamo in un mondo nuovo. Nuovo perchè ogni aspetto della nostra esistenza, del nostro vivere quotidiano è basato sull'adattarsi, sull'aggiornarsi. I progressi della Scienza e della Tecnica sono diventati frenetici. I sistemi di codifica informatica utilizzati un ventennio fa sono preistoria che quasi nessuno ricorda più. La dimenticanza è la base su cui poggia il progresso nel terzo millennio. Uno studente di informatica raramente leggerà un manuale scritto prima del 2000 e ancora più difficilmente incontrerà qualche testo scritto prima del 1950.
Siamo continuamente bombardati da nuove tecnologie, nuovi prodotti, migliori di quelli che abbiamo usato finora: "cos'è quello? Non sai che è uscito il nuovo? Quello è superato."
La vita quotidiana si semplifica sempre di più ed è naturale aggiornarsi.

Ma la dimenticanza rischia di divenire un fenomeno sociale.

E così la costituzione è roba superata. Propone un modello superato, da aggiornare. Pensate: risale al 1948! Ancora non c'erano nemmeno le minigonne, il rock, il consumo di droghe era molto modesto e i gay non c'erano e se c'erano si nascondevano. Si pensava ancora a uno Stato-padre-padrone. Ora la parola d'ordine è autonomia. Nelle scuole, nelle regioni, nel lavoro, insomma in parole povere quel testo propone una visione dell'esistenza completamente diversa dall'attuale.
Lì il lavoro è un diritto e viene inserito a fondamento dell'intera esistenza della Repubblica.
Qui il lavoro è un'occasione. Non è stabile ma flessibile ed è flessibile perchè non è a fondamento della Repubblica, ma della competitività dell'impresa. Il lavoratore si aggiorna, cambia, si adegua.
Nel mondo della costituzione il lavoro è uno strumento fondamentale sia per il futuro del singolo che della collettività e quindi deve essere statico, un punto fermo.
Nel mondo attuale il lavoro tende ad essere uno strumento per la competitività dell'impresa e della sua proiezione: lo Stato. Lo Stato non è più il padre e i cittadini non sono più i figli. Lo Stato è azienda e i cittadini sono il personale aziendale. Dobbiamo tutti lavorare in sinergia non per noi, ma per essere competitivi nel sistema-mondo. Il lavoro è dinamico, competitivo.
E la dimenticanza che c'entra?
La dimenticanza è la condizione del nuovo uomo. L'identità del nuovo uomo è fondata sulla dimenticanza, è flessibile e per essere tale deve poter relegare nell'oblio ciò che era prima di cambiare.
Dimenticanza e competizione sono due facce della stessa medaglia, una medaglia che si chiama mondo occidentale. E così il mondo che è stato (ma anche l'Italia che è stata) è passato, superato. E non c'è memoria di lui finchè il sangue non lo riporta sotto gli occhi. L'operaio è morto, ma gli operai morti ci ricordano che non è così.
Si pensa al sistema paese come lo si faceva nell'ottocento: uno Stato-macchina in cui l'unico problema sia la corrispondenza dei diversi pezzi. Non più lo Stato-organismo, in cui le diverse identità sono a fondamento dell'organismo stesso.
La lotta di classe è acqua passata. La classe stessa è acqua passata.
Ma il mondo cambia a seconda degli occhi che lo guardano.
Siamo di fronte a dei profondi cambiamenti che ci mettono di fronte a una scelta: determinare la direzione del cambiamento o tentare (inutilmente) di fermare il cambiamento.
Si sente da più parti la necessità di una ridefinizione dell'impostazione statale.
Sta a noi decidere se iniziare dalla schizofrenia della dimenticanza o rinnovarsi partendo dalle solide basi che ci vengono tramandate dai padri costituenti.
Come Horkheimer e Adorno hanno identificato nel nazionalsocialismo il "normale" epilogo della dittatura della ragione iniziata con l'illuminismo, non mi pare azzardato vedere nella società occidentale contemporanea la naturale conseguenza dell'isterico progresso tecnologico.

http://criticismognoseologico.blogspot.com

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