giovedì 25 dicembre 2014
“So di essere di media
statura ma non vedo giganti attorno a me” estratta dal Divo di Sorrentino.
Con una frase simile a questa il buon Giacomo Di Benedetto
avrebbe chiuso sul nascere la discussione sulla propria riconferma alla
poltrona di Sindaco di Raffadali nell’ambito della maggioranza che lo
sosteneva.
Sappiamo che ciò non potrà avvenire. Ad appena due anni
dall’insediamento Giacomo non c’è più.
Si inizia ora ufficialmente (da tempo, invece,
ufficiosamente con tempistiche analoghe alle notorie vicende del sisma
aquilano) a discutere sui nomi dei papabili alla poltrona di primo cittadino.
L’emozione che ha seguito l’epilogo di questa
Amministrazione è stata ben più grande di quella suscitata durante i lavori
della stessa. Troppo tragica ed inattesa è stata la fine di Giacomo per
fermarsi a riflettere su ciò che l’Amministrazione aveva prodotto e sulle
dinamiche che la stavano attraversando.
Analizzarlo ora potrebbe apparire un esercizio di retorica.
Invece, ed in questo penso di compiere un atto di onestà nei
confronti innanzitutto di Giacomo, è necessario ripartire da dove ci si è
fermati rendendo pubblici anche i delicati passaggi che si stavano consumando
all’epoca e che la morte del Sindaco ha congelato, bloccato, reciso.
L’Amministrazione attraversava una delicata fase che aveva
visto la fuoriuscita di alcuni consiglieri dai ranghi di maggioranza.
Faccio notare che nelle note stampa in cui comunicavano le
loro scelte, i suddetti avevano il piacere di dichiarare che “valuterò i singoli atti amministrativi
approvando soltanto quelli che riterrò utili nell’interesse dei cittadini di
Raffadali” e quindi, andando per logica, di aver fatto tutt’altro prima.
I numeri della maggioranza erano quindi risicati.
Ma cosa bolliva in pentola?
In via ufficiale: i comunicati stampa dei consiglieri di
opposizione si succedevano a ritmo incessante (basta andare sul portale di
Agrigentonotizie per valutarne consistenza e successione) ed avevano un
significato che andava ben oltre le parole ivi scritte. Si possono (e si
potevano leggere) con questa frase “Sinnacu quannu mi chiami?”.
E siccome il Sindaco non li chiamava i consiglieri
scrivevano.
In via ufficiosa: da ambiti di natura extraconsiliare
arrivavano a Giacomo, attraverso un altro Sindaco che da poco si era insediato
nel paese di Sciascia, proposte di appoggio esterno da regolarizzare mediante
ingresso in Giunta. A questa proposta Giacomo oppose un netto diniego, dandone
inoltre dovuta pubblicità. L’autore della proposta compare oggi fra i nomi dei
possibili candidati nell’ambito del centro-destra (per ora). (Per maggiori
dettagli si veda http://raffadali.agrigentonotizie.it/raffadali-elezioni-comunali-sindaco-candidati-coalizioni-15-ottobre-2014.html).
Nel PD era in corso, come da accordi, la discussione sulla
successione di Pedalino in Giunta. Al fotofinish l’aveva spuntata Maria Bruno
su Giovanni Mangione che altrettanto legittimamente teneva a ricoprire un ruolo
di Governo.
Allora che ti vanno a pensare gli strateghi della minoranza?
Andiamo a minare la solidità della maggioranza attraverso la
leva della rivalsa. Proponiamo a Mangione di rifarsi offrendogli la poltrona di
Presidente del Consiglio. Sfiduciamo l’attuale e lo proponiamo noi. Anche
questo tentativo è stato vano.
E allora chi facemu?
A latere molto a latere, da uno che a latere c’era stato
fino a poco tempo prima, viene l’idea delle “dimissioni contestuali della
maggioranza dei consiglieri” modalità prevista dall’art. 141 del T.U.E.L. il
quale stabilisce, in via straordinaria ed eccezionale, che i Consigli comunali
(o provinciali) vengano sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro dell’Interno quando ricorra fra l’altro la seguente
situazione “cessazione dalla carica per
dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché
contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei
membri assegnati”.
Una pensata diabolica
(?) che avrebbe avuto l’effetto di
sciogliere il Consiglio Comunale portando quindi a nuove elezioni tale organo
(e secondo alcuni anche del Sindaco entro un anno, ipotesi per la quale non ho
trovato concrete basi normative in merito).
L’autore di una tale valente
azione si sarebbe guadagnato il titolo cittadino di liberatore dal Giacominismo
(dopo esserne magari stato primo promotore). Ma l’inattesa morte di Giacomo
(semmai il liberatore ci fosse mai riuscito) lo ha anticipato facendolo
presentare al proprio partito (l’ultimo dell’epoca s’intende) per quello che
era sempre stato.
E cosa accadeva in Consiglio Comunale nel mentre?
Doveva essere effettuata la surroga del Consigliere Maria
Bruno con Sabrina Mangione. Vi era però una difficoltà oggettiva a raggiungere
il numero legale.
Nasce qui la strategia “dell’ultimo uomo”.
Questa strategia si compone di due parti.
Nella prima parte “l’ultimo uomo” è presente, assiste,
decide, sposta nell’ambito della maggioranza e sostiene l’azione
dell’Amministrazione.
Nella seconda parte riduce la propria presenza, assiste
poco, non può più decidere ed alla domanda se verrà in consiglio risponde “ si
siti unnici j sugnu u dudicesimu” oppure “ si siti dudici j sugnu u
tridicesimu” e via di questo passo…mantenendo sempre la qualifica
(alta-altissima) de “l’ultimo uomo”.
A questo punto accade l’imponderabile. Muore il Sindaco.
Quest’evento incide pesantemente su entrambe le compagini
politiche (di governo e di opposizione).
Nella maggioranza l’inatteso evento provoca un addensarsi di
nuvole sul futuro. Nel breve periodo con ricadute immediate sulla Giunta (che
decade nelle funzioni subito e andrà via alla presenza del Commissario nominato
da Crocetta) e nel lungo periodo sugli equilibri che la persona di Giacomo
garantiva e che dovranno essere necessariamente rivisti senza aver certezza
degli interlocutori.
Tutto ciò avviene inoltre quando ancora nessuna personalità
nel centro sinistra è emersa al di fuori del Sindaco. I nani (riferito alla
frase iniziale) si ritrovano quindi di botto adulti senza nessuno che li protegga e ne faccia da parafulmine. Fra di
loro si aggira qualche “falso nano” che attendeva gli ultimi mesi di
legislatura per incassare ed i cui piani sono saltati in aria.
Nell’opposizione (consiliare ed extraconsiliare) la
strategia di avvicinamento alle elezioni (del 2017) aveva un unico argomento:
demonizzare il Sindaco. Attaccarlo per qualsiasi causa o ragione. Chiederne le
dimissioni costantemente ed incessantemente (salvo poi proporsi, tramite terzi, come “salvagente” per la
prosecuzione dell’Amministrazione).
Tutto finito.
Non solo non era possibile attaccare politicamente il
Sindaco (che non c’era più) ma era financo inopportuno parlare di Giacomo viste
le tragiche modalità della dipartita.
Allora SILENZIO e videmu quannu si va vota.
Intanto si insedia il Commissario Parrinello (siamo ad
agosto) e finalmente arriva la notizia tanto attesa dagli operatori politici:
si vota in primavera.
Repentino cambio di strategia per chi lavorava su una
candidatura ad effetto sorpresa e inabissamento di tutti i pretendenti allo
scranno sindacale.
Nel mentre personaggi che mai (cioè neanche una volta) avevano
messo piede al Palazzo di Città durante l’amministrazione di Giacomo Di
Benedetto iniziano a bazzicare la stanza del neo Commissario con frequenze
sospette.
Anche per loro però arriva la sorpresa. Un cambio in corsa
(tra Parrinello e Guarino) che ne giustifica la conseguente assenza dal
Municipio.
Ma quello che succede il 4 Dicembre neanche Giacomo avrebbe
potuto prevederlo.
La maggioranza mutilata (chiamata oramai ex maggioranza in
ambiti giornalistici) trova un insperato sostegno dalla ex minoranza.
Il gioco delle ex porta all’approvazione, nell’ultimo giorno
utile, del bilancio. Salvo quindi il Consiglio Comunale.
Ci si sarebbe attesi una veemente reazione da ambienti
extraconsiliari recentemente adusi a comunicati stampa al vetriolo.
Invece SILENZIO.
Hanno voglia, gli stessi, a lamentarsi del SILENZIO
ASSORDANTE…insomma è anche l’opera dei MUTI.
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