lunedì 12 maggio 2008
E si che la promessa è un debito…il dopo voto….della Viola…dev’essere rispettato.
Un’analisi tardiva, ma di un quadro completo, visto l’esito di Roma ed il “neo” governo.
Iniziamo allora.
Nessun numero, almeno qui, solo risultati.
Partiamo dalla Legge Elettorale: una panacea (ma quale referendum) già esistente e funzionante.
Il quadro politico è finalmente semplificato, si dice, così come si è distortamente fatto credere che i candidati alla poltrona di premier fossero solo i due del Pd ed l.
Si dice che questa legge elettorale appunto abbia semplificato il quadro, ma chi ci crede?
Senza numeri, ma per ordini di grandezza e magari basandomi su qualche comparazione, provo a buttarmi nel mucchio dei commentatori.
Allora iniziamo dagli ordini di grandezza.
L’MPA del Lombardo (che paradosso un Lombardo che sgobba per l’autonomia della Sicilia..che poi autonoma pare lo sia già) rispetto alla Sinistra Temporale (l’Arcobaleno non lo si vedrà se non dopo…forse) in che rapporto sta?
Quanti rappresentanti l’uno e quanti gli altri? Una desproporzionalizzazione (di veltroniana memoria) vero?
Quadro semplificato e veritiero dunque.
I capricci della legge elettorale non si leggono mica il giorno dopo il voto, si devono, o si dovevano, leggere prima e soprattutto in base alla legge elettorale si preparano le liste o gli schieramenti o gli apparentamenti. Primo errore dunque.
Noti, o presunti tali, i voti di preferenza si prepara l’azione in campagna elettorale mirando a precisi settori sociali o categorie da affabulare. Data per certa l’affezione della classe operaia, a chi si rivolgeva la politica della ST? Come possano aver fatto i dirigenti alti dei partiti della ST a non cogliere lo scoramento della base non si sa. Secondo errore dunque, grande come la doppia ammonizione e non espulsione di Dellafiore.
Comparazione. Spesso ci si cimenta in analisi comparative fra formazioni aventi lo stesso obiettivo.
Prendiamo il caso dell’UDC e della ST.
L’UDC riesce a farcela, secondo Legge, e la ST no.
Come mai?
Entrambi avevano il compito arduo di raccolta del voto inutile.
Pensiamo quindi di fare un confronto fra l’identità di un partito (senza rose) e di un cartello elettorale.
Senza utilizzare il senno del poi, sapevamo o no che le elezioni sarebbero state vinte dal Pdl?
Un elettore dell’UDC (quello siciliano è un caso a parte) si sente o no rappresentato da un governo di centro destra? Il voto al suo partito cambia qualifica, da inutile a identitario, perché gli amici al governo ci stanno già.
La ST, anzi il suo elettorato, non ha potuto seguire lo stesso binario logico e quindi è probabile che alcuni abbiano “utilizzato” l’”utilità” del proprio voto in chiave PD.
Ma questa non è colpa di Veltroni semmai di chi non ha capito che il quorum (senza numeri) non sarebbe stato raggiunto.
Quadro comparativo chiuso.
Le ragioni della svolta, non a sinistra, del nuovo Parlamento risiedono nelle etichette che la ST non si è saputa scrollare di dosso nell’epoca governativa.
Siete quelli del no (all’esterno si diceva).
Siete (siamo) un cartello elettorale (all’interno).
Su quelli del no bastava smarcarsi.
Per esempio Di Pietro, che nessuno cita tutti sulla Lega, si proponeva come quello del fare (non importa con chi diceva).Di Pietro ha vinto la sua battaglia.
Di Pietro a Ballarò, PaP, Matrix se ne fregava della posizione governativa e transitava su linee politiche anche di opposizione a dispetto della schiera di governo che, sempre, si trovava a fianco.
E ce lo dicevamo spesso, vero Fabiu?
Il cartello: io stesso rimasi stupito dinanzi alle dichiarazioni di Pecoraro Scanio su Repubblica, all’epoca della Cosa Rossa, diceva “non sono di sinistra”.
Mentre la ricongiunzione dei Comunisti aveva un senso.
L’avvicinamento della Sinistra Democratica era un rigurgito anti PD che non si è mai chiarita nelle posizioni.
I Verdi rimanevano Verdi.
Ecco una aberrazione tutta italiana: quella dei Verdi.
Non mi si proponga il confronto (altra comparazione) con la vicina Alemagna.
La stessa percentuale raggiunta in tempi di massimo splendore di questa formazione politica indica quale “straporto” ci sia verso tematiche di natura ambientale nella società italiana.
Ma se la società risponde così, bisogna capire come una forza politica, di governo o meno, concilia le proprie strategie con la visione globale che ad un partito si impone di avere per la governance di un territorio o di una nazione.
Il grado di cultura di una società, lo dice la storia recente, si misura con il grado di sensibilità verso l’ambiente.
In Italia questa sensibilità, perlopiù ostativa, riaffiora a cavallo di grandi affari che in verità poco hanno di ambientale e tanto di sani-mone-tario (vedi inceneritori).
Queste battaglie in Sicilia sono state condotte con dignità e travalicavano spesso la pura area ambientale per riversarsi, giustamente, sul bisiniss che tali opere creano o inducono.
L’aberrazione di cui dicevo non riguarda la nascita dei Verdi però, ma la mancanza di una vera cultura ambientale in altri partiti ad iniziare proprio da quelli di area progressista.
Così i Verdi in precise battaglie si sono sostituiti, laddove c’erano spazi, alla Sinistra mentre il loro Presidente dichiarava quanto sopra ricordato.
E’ possibile che alcuni partiti si interessino solo di finanza, altri di lavoro, altri di precariato, altri di clero, altri di ambiente e non ci sia una formazione politica che abbia una visione veramente globale delle dinamiche socio-economiche ed ambientali definendo scelte mai figlie della programmazione ma di estemporanei equilibri.
Ad esempio, altra aberrazione, non si capisce, soprattutto in Sicilia, perché i Cuffaro (definizione non circoscritta all’area familiare) debbano creare i precari e la ST li debba difendere alla ricerca della stabilità.
La ST si decida a crescerli in casa, allevarli e poi difenderli oppure (via che preferisco) si opponga sin dalla genesi a questo fenomeno. Prevenire è meglio che curare.
Naturalmente queste valutazioni riguardano anche il PD.
A questo punto la Sinistra, io continuo a metterci anche il PD, deve programmare.
Che le elezioni siano autocorrelate all’azione governativa, inversamente, è la storia recente ad insegnarcelo, ma pensare che l’alternanza sia scontata, fra un lustro, è fuori luogo.
Questo in ordine a valutazioni di natura politica.
Inutile fare delle analisi nichiliste in cui l’impegno profuso o le speranze si traducono in scoramento, bisogna uscire dall’angolo.
Un’analisi tardiva, ma di un quadro completo, visto l’esito di Roma ed il “neo” governo.
Iniziamo allora.
Nessun numero, almeno qui, solo risultati.
Partiamo dalla Legge Elettorale: una panacea (ma quale referendum) già esistente e funzionante.
Il quadro politico è finalmente semplificato, si dice, così come si è distortamente fatto credere che i candidati alla poltrona di premier fossero solo i due del Pd ed l.
Si dice che questa legge elettorale appunto abbia semplificato il quadro, ma chi ci crede?
Senza numeri, ma per ordini di grandezza e magari basandomi su qualche comparazione, provo a buttarmi nel mucchio dei commentatori.
Allora iniziamo dagli ordini di grandezza.
L’MPA del Lombardo (che paradosso un Lombardo che sgobba per l’autonomia della Sicilia..che poi autonoma pare lo sia già) rispetto alla Sinistra Temporale (l’Arcobaleno non lo si vedrà se non dopo…forse) in che rapporto sta?
Quanti rappresentanti l’uno e quanti gli altri? Una desproporzionalizzazione (di veltroniana memoria) vero?
Quadro semplificato e veritiero dunque.
I capricci della legge elettorale non si leggono mica il giorno dopo il voto, si devono, o si dovevano, leggere prima e soprattutto in base alla legge elettorale si preparano le liste o gli schieramenti o gli apparentamenti. Primo errore dunque.
Noti, o presunti tali, i voti di preferenza si prepara l’azione in campagna elettorale mirando a precisi settori sociali o categorie da affabulare. Data per certa l’affezione della classe operaia, a chi si rivolgeva la politica della ST? Come possano aver fatto i dirigenti alti dei partiti della ST a non cogliere lo scoramento della base non si sa. Secondo errore dunque, grande come la doppia ammonizione e non espulsione di Dellafiore.
Comparazione. Spesso ci si cimenta in analisi comparative fra formazioni aventi lo stesso obiettivo.
Prendiamo il caso dell’UDC e della ST.
L’UDC riesce a farcela, secondo Legge, e la ST no.
Come mai?
Entrambi avevano il compito arduo di raccolta del voto inutile.
Pensiamo quindi di fare un confronto fra l’identità di un partito (senza rose) e di un cartello elettorale.
Senza utilizzare il senno del poi, sapevamo o no che le elezioni sarebbero state vinte dal Pdl?
Un elettore dell’UDC (quello siciliano è un caso a parte) si sente o no rappresentato da un governo di centro destra? Il voto al suo partito cambia qualifica, da inutile a identitario, perché gli amici al governo ci stanno già.
La ST, anzi il suo elettorato, non ha potuto seguire lo stesso binario logico e quindi è probabile che alcuni abbiano “utilizzato” l’”utilità” del proprio voto in chiave PD.
Ma questa non è colpa di Veltroni semmai di chi non ha capito che il quorum (senza numeri) non sarebbe stato raggiunto.
Quadro comparativo chiuso.
Le ragioni della svolta, non a sinistra, del nuovo Parlamento risiedono nelle etichette che la ST non si è saputa scrollare di dosso nell’epoca governativa.
Siete quelli del no (all’esterno si diceva).
Siete (siamo) un cartello elettorale (all’interno).
Su quelli del no bastava smarcarsi.
Per esempio Di Pietro, che nessuno cita tutti sulla Lega, si proponeva come quello del fare (non importa con chi diceva).Di Pietro ha vinto la sua battaglia.
Di Pietro a Ballarò, PaP, Matrix se ne fregava della posizione governativa e transitava su linee politiche anche di opposizione a dispetto della schiera di governo che, sempre, si trovava a fianco.
E ce lo dicevamo spesso, vero Fabiu?
Il cartello: io stesso rimasi stupito dinanzi alle dichiarazioni di Pecoraro Scanio su Repubblica, all’epoca della Cosa Rossa, diceva “non sono di sinistra”.
Mentre la ricongiunzione dei Comunisti aveva un senso.
L’avvicinamento della Sinistra Democratica era un rigurgito anti PD che non si è mai chiarita nelle posizioni.
I Verdi rimanevano Verdi.
Ecco una aberrazione tutta italiana: quella dei Verdi.
Non mi si proponga il confronto (altra comparazione) con la vicina Alemagna.
La stessa percentuale raggiunta in tempi di massimo splendore di questa formazione politica indica quale “straporto” ci sia verso tematiche di natura ambientale nella società italiana.
Ma se la società risponde così, bisogna capire come una forza politica, di governo o meno, concilia le proprie strategie con la visione globale che ad un partito si impone di avere per la governance di un territorio o di una nazione.
Il grado di cultura di una società, lo dice la storia recente, si misura con il grado di sensibilità verso l’ambiente.
In Italia questa sensibilità, perlopiù ostativa, riaffiora a cavallo di grandi affari che in verità poco hanno di ambientale e tanto di sani-mone-tario (vedi inceneritori).
Queste battaglie in Sicilia sono state condotte con dignità e travalicavano spesso la pura area ambientale per riversarsi, giustamente, sul bisiniss che tali opere creano o inducono.
L’aberrazione di cui dicevo non riguarda la nascita dei Verdi però, ma la mancanza di una vera cultura ambientale in altri partiti ad iniziare proprio da quelli di area progressista.
Così i Verdi in precise battaglie si sono sostituiti, laddove c’erano spazi, alla Sinistra mentre il loro Presidente dichiarava quanto sopra ricordato.
E’ possibile che alcuni partiti si interessino solo di finanza, altri di lavoro, altri di precariato, altri di clero, altri di ambiente e non ci sia una formazione politica che abbia una visione veramente globale delle dinamiche socio-economiche ed ambientali definendo scelte mai figlie della programmazione ma di estemporanei equilibri.
Ad esempio, altra aberrazione, non si capisce, soprattutto in Sicilia, perché i Cuffaro (definizione non circoscritta all’area familiare) debbano creare i precari e la ST li debba difendere alla ricerca della stabilità.
La ST si decida a crescerli in casa, allevarli e poi difenderli oppure (via che preferisco) si opponga sin dalla genesi a questo fenomeno. Prevenire è meglio che curare.
Naturalmente queste valutazioni riguardano anche il PD.
A questo punto la Sinistra, io continuo a metterci anche il PD, deve programmare.
Che le elezioni siano autocorrelate all’azione governativa, inversamente, è la storia recente ad insegnarcelo, ma pensare che l’alternanza sia scontata, fra un lustro, è fuori luogo.
Questo in ordine a valutazioni di natura politica.
Inutile fare delle analisi nichiliste in cui l’impegno profuso o le speranze si traducono in scoramento, bisogna uscire dall’angolo.
A Raffadali venne Mr.Pesce, lo ricordate?
Mr.Pesce che in piena campagna elettorale, le amministrative, ci venne a parlare di pesci piccoli e pesci grossi.
Ecco Mr.Pesce garantisce che quelle non sono rimaste solo affermazioni buttate lì in una calda sera raffadalese. Staremo a vedere che pesci prende.
Mr.Pesce che in piena campagna elettorale, le amministrative, ci venne a parlare di pesci piccoli e pesci grossi.
Ecco Mr.Pesce garantisce che quelle non sono rimaste solo affermazioni buttate lì in una calda sera raffadalese. Staremo a vedere che pesci prende.
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