sabato 13 ottobre 2007
Curzio Maltese di Repubblica ha voluto presentare una inchiesta, fuori dal coro plebiscitario anti casta poltica, sui costi dell'altra Casta Politica d'Italia.
Una inchiesta che a più di un mese dalla pubblicazione è rimasta sottaciuta nei salotti buoni della tv.
Apprezzando lo sforzo dell'autore e vivendo oramai in una Curia, con tanto di portavoce, invito chi vorrà a dare un sommesso sguardo
I conti della Chiesa:ecco quanto ci costa
"Quando sono arrivato alla Cei, nel 1986, si trovavano a malapena i soldi per pagare gli stipendi di quattro impiegati". Camillo Ruini non esagera. A metà anni Ottanta le finanze vaticane sono una scatola vuota e nera. Un anno dopo l'arrivo di Ruini alla Cei, soltanto il passaporto vaticano salva il presidente dello Ior, monsignor Paul Marcinkus, dall'arresto per il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. La crisi economica è la ragione per cui Giovanni Paolo II chiama a Roma il giovane vescovo di Reggio Emilia, allora noto alle cronache solo per aver celebrato il matrimonio di Flavia Franzoni e Romano Prodi, ma dotato di talento manageriale. Poche scelte si riveleranno più azzeccate. Nel "ventennio Ruini", segretario dall'86 e presidente dal '91, la Cei si è trasformata in una potenza economica, quindi mediatica e politica. In parallelo, il presidente dei vescovi ha assunto un ruolo centrale nel dibattito pubblico italiano e all'interno del Vaticano, come mai era avvenuto con i predecessori, fino a diventare il grande elettore di Benedetto XVI. Le ragioni dell'ascesa di Ruini sono legate all'intelligenza, alla ferrea volontà e alle straordinarie qualità di organizzatore del personaggio. Ma un'altra chiave per leggerne la parabola si chiama "otto per mille". Un fiume di soldi che comincia a fluire nelle casse della Cei dalla primavera del 1990, quando entra a regime il prelievo diretto sull'Irpef, e sfocia ormai nel mare di un miliardo di euro all'anno. Ruini ne è il dominus incontrastato. Tolte le spese automatiche come gli stipendi dei preti, è il presidente della conferenza episcopale, attraverso pochi fidati collaboratori, ad avere l'ultima parola su ogni singola spesa, dalla riparazione di una canonica alla costruzione di una missione in Africa agli investimenti immobiliari e finanziari.
Dall'otto per mille, la voce più nota, parte l'inchiesta di Repubblica sul costo della chiesa cattolica per gli italiani. Il calcolo non è semplice, oltre che poco di moda. Assai meno di moda delle furenti diatribe sul costo della politica. Il "prezzo della casta" è ormai calcolato in quattro miliardi di euro all'anno. "Una mezza finanziaria" per "far mangiare il ceto politico". "L'equivalente di un Ponte sullo Stretto o di un Mose all'anno".
Alla cifra dello scandalo, sbattuta in copertina da Il Mondo e altri giornali, sulla scia di La Casta di Rizzo e Stella e Il costo della democrazia di Salvi e Villone, si arriva sommando gli stipendi di 150 mila eletti dal popolo, dai parlamentari europei all'ultimo consigliere di comunità montane, più i compensi dei quasi trecentomila consulenti, le spese per il funzionamento dei ministeri, le pensioni dei politici, i rimborsi elettorali, i finanziamenti ai giornali di partito, le auto blu e altri privilegi, compresi buvette e barbiere di Montecitorio. Per la par condicio bisognerebbe adottare al "costo della Chiesa" la stessa larghezza di vedute. Ma si arriverebbe a cifre faraoniche quanto approssimative, del genere strombazzato nei libelli e in certi siti anticlericali. Con più prudenza e realismo si può stabilire che la Chiesa cattolica costa in ogni caso ai contribuenti italiani almeno quanto il ceto politico. Oltre quattro miliardi di euro all'anno, tra finanziamenti diretti dello Stato e degli enti locali e mancato gettito fiscale. La prima voce comprende il miliardo di euro dell'otto per mille, i 650 milioni per gli stipendi dei 22 mila insegnanti dell'ora di religione ("Un vecchio relitto concordatario che sarebbe da abolire", nell'opinione dello scrittore cattolico Vittorio Messori), altri 700 milioni versati da Stato ed enti locali per le convenzioni su scuola e sanità. Poi c'è la voce variabile dei finanziamenti ai Grandi Eventi, dal Giubileo (3500 miliardi di lire) all'ultimo raduno di Loreto (2,5 milioni di euro), per una media annua, nell'ultimo decennio, di 250 milioni. A questi due miliardi 600 milioni di contributi diretti alla Chiesa occorre aggiungere il cumulo di vantaggi fiscali concessi al Vaticano, oggi al centro di un'inchiesta dell'Unione Europea per "aiuti di Stato". L'elenco è immenso, nazionale e locale. Sempre con prudenza si può valutare in una forbice fra 400 ai 700 milioni il mancato incasso per l'Ici (stime "non di mercato" dell'associazione dei Comuni), in 500 milioni le esenzioni da Irap, Ires e altre imposte, in altri 600 milioni l'elusione fiscale legalizzata del mondo del turismo cattolico, che gestisce ogni anno da e per l'Italia un flusso di quaranta milioni di visitatori e pellegrini. Il totale supera i quattro miliardi all'anno, dunque una mezza finanziaria, un Ponte sullo Stretto o un Mose all'anno, più qualche decina di milioni. La Chiesa cattolica, non eletta dal popolo e non sottoposta a vincoli democratici, costa agli italiani come il sistema politico. Soltanto agli italiani, almeno in queste dimensioni. Non ai francesi, agli spagnoli, ai tedeschi, agli americani, che pure pagano come noi il "costo della democrazia", magari con migliori risultati. Si può obiettare che gli italiani sono più contenti di dare i soldi ai preti che non ai politici, infatti se ne lamentano assai meno. In parte perché forse non lo sanno. Il meccanismo dell'otto per mille sull'Irpef, studiato a metà anni Ottanta da un fiscalista all'epoca "di sinistra" come Giulio Tremonti, consulente del governo Craxi, assegna alla Chiesa cattolica anche le donazioni non espresse, su base percentuale. Il 60 per cento dei contribuenti lascia in bianco la voce "otto per mille" ma grazie al 35 per cento che indica "Chiesa cattolica" fra le scelte ammesse (le altre sono Stato, Valdesi, Avventisti, Assemblee di Dio, Ebrei e Luterani), la Cei si accaparra quasi il 90 per cento del totale. Una mostruosità giuridica la definì già nell'84 sul Sole 24 Ore lo storico Piero Bellini. Ma pur considerando il meccanismo "facilitante" dell'otto per mille, rimane diffusa la convinzione che i soldi alla Chiesa siano ben destinati, con un ampio "ritorno sociale". Una mezza finanziaria, d'accordo, ma utile a ripagare il prezioso lavoro svolto dai sacerdoti sul territorio, la fatica quotidiana delle parrocchie nel tappare le falle sempre più evidenti del welfare, senza contare l'impegno nel Terzo Mondo. Tutti argomenti veri. Ma "quanto" veri? Fare i conti in tasca al Vaticano è impresa disperata. Ma per capire dove finiscono i soldi degli italiani sarà pur lecito citare come fonte insospettabile la stessa Cei e il suo bilancio annuo sull'otto per mille. Su cinque euro versati dai contribuenti, la conferenza dei vescovi dichiara di spenderne uno per interventi di carità in Italia e all'estero (rispettivamente 12 e 8 per cento del totale). Gli altri quattro euro servono all'autofinanziamento. Prelevato il 35 per cento del totale per pagare gli stipendi ai circa 39 mila sacerdoti italiani, rimane ogni anno mezzo miliardo di euro che il vertice Cei distribuisce all'interno della Chiesa a suo insindacabile parere e senza alcun serio controllo, sotto voci generiche come "esigenze di culto", "spese di catechesi", attività finanziarie e immobiliari. Senza contare l'altro paradosso: se al "voto" dell'otto per mille fosse applicato il quorum della metà, la Chiesa non vedrebbe mai un euro. Nella cultura cattolica, in misura ben maggiore che nelle timidissime culture liberali e di sinistra, è in corso da anni un coraggioso, doloroso e censuratissimo dibattito sul "come" le gerarchie vaticane usano il danaro dell'otto per mille "per troncare e sopire il dissenso nella Chiesa". Una delle testimonianze migliori è il pamphlet "Chiesa padrona" di Roberto Beretta, scrittore e giornalista dell'Avvenire, il quotidiano dei vescovi. Al capitolo "L'altra faccia dell'otto per mille", Beretta osserva: "Chi gestisce i danari dell'otto per mille ha conquistato un enorme potere, che pure ha importantissimi risvolti ecclesiali e teologici". Continua: "Quale vescovo per esempio - sapendo che poi dovrà ricorrere alla Cei per i soldi necessari a sistemare un seminario o a riparare la cattedrale - alzerà mai la mano in assemblea generale per contestare le posizioni della presidenza?". "E infatti - conclude l'autore - i soli che in Italia si permettono di parlare schiettamente sono alcuni dei vescovi emeriti, ovvero quelli ormai in pensione, che non hanno più niente da perdere...". A scorrere i resoconti dei convegni culturali e le pagine di "Chiesa padrona", rifiutato in blocco dall'editoria cattolica e non pervenuto nelle librerie religiose, si capisce che la critica al "dirigismo" e all'uso "ideologico" dell'otto per mille non è affatto nell'universo dei credenti. Non mancano naturalmente i "vescovi in pensione", da Carlo Maria Martini, ormai esiliato volontario a Gerusalemme, a Giuseppe Casale, ex arcivescovo di Foggia, che descrive così il nuovo corso: "I vescovi non parlano più, aspettano l'input dai vertici... Quando fanno le nomine vescovili consultano tutti, laici, preti, monsignori, e poi fanno quello che vogliono loro, cioè chiunque salvo il nome che è stato indicato". Il già citato Vittorio Messori ha lamentato più volte "il dirigismo", "il centralismo" e "lo strapotere raggiunto dalla burocrazia nella Chiesa". Alfredo Carlo Moro, giurista e fratello di Aldo, in uno degli ultimi interventi pubblici ha lanciato una sofferta accusa: "Assistiamo ormai a una carenza gravissima di discussione nella Chiesa, a un impressionante e clamoroso silenzio; delle riunioni della Cei si sa solo ciò che dichiara in principio il presidente; i teologi parlano solo quando sono perfettamente in linea, altrimenti tacciono". La Chiesa di vent'anni fa, quella in cui Camillo Ruini comincia la sua scalata, non ha i soldi per pagare gli impiegati della Cei, con le finanze scosse dagli scandali e svuotate dal sostegno a Solidarnosc. La cultura cattolica si sente derisa dall'egemonia di sinistra, ignorata dai giornali laici, espulsa dall'universo edonista delle tv commerciali, perfino ridotta in minoranza nella Rai riformata. Eppure è una Chiesa ancora viva, anzi vitalissima. Tanto pluralista da ospitare nel suo seno mille voci, dai teologi della liberazione agli ultra tradizionalisti seguaci di monsignor Lefebrve. Capace di riconoscere movimenti di massa, come Comunione e Liberazione, e di "scoprire" l'antimafia, con le omelie del cardinale Pappalardo, il lavoro di don Puglisi a Brancaccio, l'impegno di don Italo Calabrò contro la 'ndrangheta. Dopo vent'anni di "cura Ruini" la Chiesa all'apparenza scoppia di salute. È assai più ricca e potente e ascoltata a Palazzo, governa l'agenda dei media e influisce sull'intero quadro politico, da An a Rifondazione, non più soltanto su uno. Nelle apparizioni televisive il clero è secondo soltanto al ceto politico. Si vantano folle oceaniche ai raduni cattolici, la moltiplicazione dei santi e dei santuari, i record di audience delle fiction di tema religioso. Le voci di dissenso sono sparite. Eppure le chiese e le sagrestie si svuotano, la crisi di vocazioni ha ridotto in vent'anni i preti da 60 a 39 mila, i sacramenti religiosi come il matrimonio e il battesimo sono in diminuzione. Il clero è vittima dell'illusoria equazione mediatica "visibilità uguale consenso", come il suo gemello separato, il ceto politico. Nella vita reale rischia d'inverarsi la terribile profezia lanciata trent'anni fa da un teologo progressista: "La Chiesa sta divenendo per molti l'ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l'ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo". Quel teologo si chiamava Joseph Ratzinger.
datato 28 settembre 2007....nessuna parola sui media...
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9 commenti:
il tuo tentativo di distogliere l'attenzione sui costi della politica è patetico.
i privilegi alla chiesa erano noti a partire da san pietro fino ad oggi, del resto è anch'essa politica.
ma un fatto è questo, e un fatto è strapagare i politici (nostri dipendenti), ed alimentare la loro arroganza e distanza dalla gente.
sia di destra che di sinistra.
a proposito: con il pd non risolverete niente, si è prodotto una ulteriore frammentazione, e poi con un non pappamolla come veltroni.....
amico mio...nessuna presunzione nel voler distogliere l'attenzione sui costi della politica...nn mi sembri particolarmente splendido nelle esternazioni...i preti li strapaghiamo anche noi.
2 partiti si uniscono e tu parli di frammentazione...davvero sei confuso.
cmq vedo ke sei preparato perlomeno sui costi della chiesa..prendi quel post come un ripasso.
se ti annoia basta nn leggere...ki ti obbliga?
josè
allora: molti personaggi (vedi dini, mussi ed altri) staccandosi dal pd fonderanno loro personalissimi partitini, con relativi rimborsi spesa milionari.
veltroni non mi sembra il sarkozy, o zapatero di turno.
la chiesa quanto meno un pezzo di pane ad un povero glielo dà (informati), cosa che un politico non farà mai se non gli lecchi il culo per una vita intera.
AMICO MIO...IN GENERALE NON IDENTIFICO L'UOMO COME UN MENDICANTE...MA COME UN INDIVIDUO CAPACE DI DISCERNERE E ATTIVARSI PER SFRUTTARE LE PROPRIE CAPACITA' INTELLETTIVE E MOTORIE.
SE LA TUA IDEA DI CAPACITA' MOTORIA SI FERMA ALLA QUALITA' VERME...PUR NON CONDIVIDENDO RISPETTO.
PER I PARTITI E I LORO RIMBORSI: SPERO E CONFIDO IN UNA RIFORMA ELETTORALE CHE COAGULI INVECE CHE FRAMMENTARE..IN QUESTO SENSO IL PD è UN'IVERSIONE DI TENDENZA.
CHE LA CHIESA DIA UN PEZZO DI PANE NESSUNO PUO' METTERLO IN DUBBIO...MA ANCHE TANTE ASSOCIAZIONI VOLONTARISTICHE LO FANNO.
CON QUELLO CHE BECCANO (IL POST DI REPUBBLICA) UN PO' DI COMPANATICO POTREBBE PURE OFFRIRLO...
IN OGNI CASO PREFERISCO AVERE UN INTERLOCUORE CHE SI IDENTIFICA...PUOI FARLO..NON TI COSTA NULLA E SE VUOI PUOI ANCHE POSTARE...MI MANDI UNA MAIL..E IL BLOG è PURE TUO...
FAMMI SAPERE.
JOSè
Devo ammettere che è vero, nessun spazio è stato dato a questo tema nei media.
Fanno più "notizia" le stragi sulle strade, i recenti fatti di cronaca nera e le liti tra i tanti famosi senza arte ne parte presenti in Tv.
Detto questo, in verità della Chiesa si è parlato in Tv, sia a livello Nazional Popolare, sia a livello più alto; esempio della prima specie è la storia del prete innamorato che ha messo incinta una ragazza e ora tenta una specie di Rivoluzione interna alla Chiesa stessa chiedendo il diritto dei preti di amare, anche carnalmente, procreare e naturalmente continuare ad esercitare la propria vocazione.
Oltre a questa di discussione ne ho trovata un'altra; c'è stato un reportage su "La 7" dove si parla di preti e omosessualità e si vede bene come i preti predicano una cosa e poi fanno ben altro.
D’altra parte sono persone ed è normale che tra loro ci siano dei gay; è ancora “più normale” che si innamorino e abbiano voglia di far l’amore, di far sesso e magari di dare amore a dei figli.
Oggi più che mai anche nella Chiesa c’è uno scontro in atto tra gli innovatori e i conservatori, tra chi mette in discussione secoli di consuetudini e dogmi e chi invece ripudia ogni novità e si basa in maniera ortodossa alle bolle vaticane senza se e senza ma.
Dove sta il peccato nell’amare un’altra persona? (non importa il sesso); a quale legge morale si va contro?
A chi si fa del male?
Sinceramente sono più incuriosito di questi temi, anche se il Tema ripreso da Te in questo blog è importante e merita come dici tu più spazio e riflessioni.
Poi all’anonimo che ha messo nel calderone anche il PD dico che una cosa sono i partiti un’altra cosa è la Chiesa.
Se mi permetti, il nostro Stato è laico e democratico basato sulla democrazia parlamentare avente come pilastri i partiti.
Che piacciano o no l’alternativa ad essi è la dittatura e dunque è ipocrisia usare questi toni da anti-politica alla Grillo.
Bisogna tenerceli, migliorarli, renderli più vicini alla gente, magari con le primarie, ma non c’è alternativa democratica ad essi.
Quindi, conseguenza del ragionamento è che affinché funzionino devono per forza essere finanziati; è vero che i privilegi danno fastidio alla gente comune ma è il prezzo che dobbiamo pagare per garantirci la democrazia.
E la Chiesa in tutto ciò?
Non c’entra niente.
Uno Stato maturo deve funzionare a prescindere dalla Chiesa, non c’è bisogno della Chiesa ma non è un male che ci sia; tradotto significa che finanziare la Politica (senza la quale non c’è democrazia) deve essere un obbligo civile necessario per il Sistema e quindi sono favorevole al finanziamento pubblico dei partiti.
Finanziare la Chiesa invece deve essere una scelta individuale libera e consapevole in quanto presuppone una scelta, poiché non esiste solo la Chiesa Cattolica.
Non sono d’accordo quindi con la logica dell’8 per mille, chi vuole contribuire alla propria dottrina religiosa che lo faccia liberamente ma senza silenzio assenso, non sono d’accordo con il metodo pur considerandolo nel merito un tentativo di aiutare chi dovrebbe aiutare i più deboli.
Stefano
STE' MI FACISTI SCAPPARI L'ANONIMU.
evidentemente sono stato noioso.... Chiedo umilmente scusa!!!!
Stefano
allora: lo spirito del mio commento è basato sul fatto che nel post del blog si sosteneva che la famigerata "casta" politica era ben accompagnata da una "casta" religiosa. se ti fa piacere t'informo che ci sono caste nell'informazione, nella economia, nell'esercito, nelle assicurazioni, negli ordini, ecc...
prendersela con la chiesa mi sembra come sparare sulla croce rossa. se tu ritieni di non doverla finanziare non metti la firma a loro favore. poi:"è vero che i privilegi danno fastidio alla gente comune ma è il prezzo che dobbiamo pagare per garantirci la democrazia" dove sta scritto? esiste? è necessario? mmah....
Va bene chiamale anche caste, ormai il termine è di moda..nessuno spara sulla Chiesa, il discorso sarebbe lungo per spiegarti come la penso io, apprezzo le persone che nel nome di Dio fanno opere di bene, apprezzo quando opera nel sociale e per i bisognosi....etc......
rispetto chi come te crede e ha il dono della Fede.
Detto questo, riguardo al discorso sulla Politica, quello che io ho detto non sta scritto in nessuna parte, in teoria hai ragione tu, ma la pratica.....
Diciamo che purtroppo ho finito di pensare che sia possibile cambiare la società.
La situazione è questa, le leggi li fanno i politici e nessuno, dico nessuno, propone di ridurre seriamente i privilegi acquisiti dagli anni 50 ad oggi.
Che li abbiano pure i privilegi.....!!
La cosa importante non è questa, non è questo che fa dell'Italia una nazione ad alto deficit e con i conti costantemente in rosso.
Il problema sta nel fatto che non sempre si lavorano nella giusta direzione.
Il problema sta nel fatto che il nostro sistema è instabile, non garantisce governabilità e spesso questo porta a fare politiche non di rigore ma elettorali, non entro nel merito di chi sta al governo...quello che conta è la stabilità, la possibilità di stare al governo 5 anni, di sviluppare politiche coerenti con la propria idea di amministrazione della Res Pubblica.
Ormai tra i programmi di governo delle due fazioni non ci sono differenze abissali, le politiche sono simili e si va spesso nella stessa direzione, specie in campo economico.
Quindi quello che fa la differenza tra una democrazia avanzata (USA, Inghilterra, Francia) e noi è che il loro governo è stabile duraturo e capace di fare scelte inpopolari, i nostri invece sono il perfetto contrario, perdiamo tempo, andiamo avanti con una velocità minore, non siamo capaci di scelte strategiche a lungo termine; siamo sempre in affanno e viviamo alla giornata.
Caro amico sono questi i problemi della Politica non certo i loro privilegi.
Se poi questi privilegi ti danno così fastidio, rispetto il tuo disappunto, ma per me son sono il vero problema della nostra classe politica.
Ciao.
Stefano
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